Credi che sia possibile curare con l'educazione? Sì.

L'8 aprile prossimo, a Milano, si terrà un interessante convegno su questo tema. Sarà un'occasione, rivolta ai professionisti del settore ma anche ai genitori, per far emergere un'alternativa alla medicalizzazione psichiatrica dei bambini e dei ragazzi.

I dati, è bene precisarlo, sono impressionanti. Nella scuola, in 10 anni sono quasi raddoppiate le certificazioni di disabilità! In 4 anni triplicate le diagnostiche di DSA (disturbi specifici dell’apprendimento) e in 3 anni sono dilagati i BES (bisogni educativi speciali).

In pratica, è aumentata in maniera esponenziale la crescita delle diagnosi psichiatriche in età infantile e adolescenziale. In particolare, la tipologia di problema più frequente è quella legata alla disabilità intellettiva. Nella primaria, tale complicazione è seguita dai disturbi dello sviluppo e del linguaggio.

Tutto questo significa che allo stato attuale in una classe elementare italiana normo-tipica almeno un bambino su quattro presenta una diagnosi certificata con un corrispondente programma autonomo di lavoro, se non un insegnante di sostegno.

È come se i genitori fossero reduci da un bombardamento, da qualcosa che va al di là delle loro possibilità di comprensione. Lo stupore è legittimo. Stiamo parlando di bambini, i bambini sono in crescita. Possono cambiare.

Ma, a parte l'impatto emotivo, quali sono le conseguenze di un eccesso di diagnosi di questo tipo?

Prendiamone in considerazione due.

Attraverso la diagnostica, la scuola smette di riflettere su se stessa, sui propri metodi. Identico discorso vale per la famiglia: ci si affida al parere neuropsichiatrico dichiarando questi bambini come malati di qualcosa.

La certificazione viene richiesta per ottenere facilitazioni nell’ambito dei processi di valutazione scolastica. Con un sistema livellante com’è quello attuale, avere una diagnosi diventa uno dei pochi sistemi per poter usufruire di un po’ d’attenzione. Ma può succedere così che attraverso le cosiddette facilitazioni si finisca per cristallizzare il disturbo, rendendolo di fatto permanente.

E se, invece, si trattasse di malattie dell'educazione?

Mancanza di regole educative chiare, discrepanza sostanziale tra padre e madre nella formazione dei figli, mancato sviluppo delle autonomie all’età prevista, sedentarietà indotta sono fra le situazioni più diffuse e in aumento.

La vera emergenza è la disattenzione crescente nei confronti dell'educazione!

Non è possibile credere che bambini e ragazzi possano farcela da soli, senza un cantiere ben organizzato da genitori, insegnanti e adulti.

Messe insieme l'incapacità d'interpretarsi in senso educativo e l’alienazione infantile nei confronti del gioco, della motricità e della natura, si capisce come le difficoltà emotive non appartengano a motivazioni neurologiche, ma prevalentemente a situazioni ambientali dove l'innaturalezza della vita impedisce anche il recupero di eventuali ritardi fisiologici.

Ecco perché si può curare con l'educazione! Sei d'accordo con noi? Qual è la tua esperienza? Parlane ai nostri esperti e torna presto a trovarci! Ciao!

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